Si è svolto, mercoledì 31 Gennaio 2018, presso la Camera dei Deputati, Sala del Refettorio, Palazzo San Macuto, un importante convegno sul tema “Blockchain: tra Università e ricerca. Lo stato dell’arte in Italia”
Il tavolo dei lavori parlamentari, convocato dall’Onorevole Marco Baldassarre e moderato da Agostino Formichella, ha visto la partecipazione dei più illustri esponenti italiani della materia tra cui: Lorenzo Giustozzi, Luigi Angotzi e Paolo Barucca (Blockchain EDU), Gianluca Comandini (You & Web) e Silvio Ranise (Fondazione Bruno Kessler).
Presente anche la Bitcoin Foundation Puglia con l’intervento al tavolo dei lavori congressuali capitolini dell’Avv. Romina Centrone, vicepresidente Bitcoin Foundation Puglia con delega alla formazione e ai rapporti istituzionali, e della Dott.ssa Tamara Belardi, consigliera Bitcoin Foundation Puglia.
La Centrone ha evidenziato l’importanza dell’utilizzo della Blockchain technology da parte della pubblica amministrazione, al fine di garantire efficienza e trasparenza della “macchina burocratica”.
In particolare, la Centrone ha illustrato l’intenso lavoro svolto dalla B.F.P. con le istituzioni baresi negli ultimi due anni.
Tra le varie attività si annoverano i convegni informativi (dedicati, non solo a chi si approccia per la prima volta al tema, ma anche ai professionisti e alle aziende) e l’avvio del primo Short Master in Italia, dal titolo “CRIPTOVALUTE E BITCOIN: Strumenti teorico-pratici per operare con le nuove valute digitali decentralizzate”.
In particolare lo Short Master è stato organizzato in partnership con l’Università degli Studi di Bari ed è coordinato dal tributarista Prof. Avv. Antonio Felice Uricchio, Magnifico Rettore.
Il corso, ha spiegato la Centrone, è strutturato con la docenza sia di professori universitari, sia di esperti della Bitcoin Foundation Puglia. Tra questi ultimi vi è l’Avv. Giuseppe Grisorio, Presidente dell’Associazione Bitcoin Foundation Puglia ed attualmente tra i maggiori esperti tecnico-giuridici nazionali in materia di criptovalute.
E’ intervenuta, inoltre, la Dott.ssa Tamara Belardi, consigliera Bitcoin Foundation Puglia, che ha evidenziato come in Italia sia attualmente ancora difficile discutere della materia con consapevolezza ed adeguata criticità. E ciò anche a causa della disinformazione e della penuria di corsi qualificati sul territorio nazionale.
In particolare, la Belardi ha portato all’evidenza la sua esperienza personale, dichiarando di essersi dovuta iscrivere presso un’Università estera per approfondire, anche da un punto di vista giuridico, le tematiche relative alla Blockchain technology.
La stessa, infatti, grazie alle competenze tecniche apprese, ha potuto intraprendere un intenso lavoro di ricerca circa la natura giuridica di bitcoin. Secondo la Dott.ssa Belardi, bitcoin verrebbe solo “utilizzato” come mezzo di pagamento, ma la sua natura sarebbe molto più simile a quella di un bene giuridico immateriale. In particolare bitcoin potrebbe dar vita ad una nuova categoria giuridica, quella dei cc.dd. frutti “informatici”, o essere trattato alla stessa stregua di un’informazione personale.
Anche per questo la B.F.P. è attiva sul territorio barese, al fine di promuovere attività non solo informative e formative ma anche di ricerca circa il mondo delle criptovalute.
Un ottimo lavoro, quindi, quello svolto dalla Bitcoin Foundation Puglia, riconosciuto anche nelle sedi capitoline, ma fedelmente svolto nella propria terra natale.
Solidarietà e criptovalute: le donazioni attraverso blockchain.
Di questo si discuterà il prossimo 04 Dicembre alle ore 15.00 in un interessante convegno-dibattito che si terrà presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, Facoltà di Giurisprudenza, Sala delle Lauree “G. Contento”. L’evento fa parte di un intenso tour che tocca le principali città italiane, fermandosi a Bari presso l’Università degli Studi “Aldo Moro”, quale unica tappa del Sud Italia, immediatamente dopo la duplice sosta capitolina presso la Camera dei Deputati e l’Università di Torvergata. L’organizzazione di questo prestigioso evento barese è ad opera della Bitcoin Foundation Puglia (prima realtà del Sud Italia intensamente attiva nella formazione ed informazione culturale riguardante le valute digitali decentralizzate altrimenti dette criptovalute) in stretta collaborazione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
L’evento del 4 Dicembre si pregia del patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bari nonché del supporto di svariate realtà nazionali (tra cui la Startup Helperbit, Associazione FamiglieSMA, Blockchain Education Network) e locali ( tra cui Associazione Giovani Avvocati “Giuseppe Napoli” e “Il Commentario del merito”). Il dibattito nasce dalla presa di coscienza della sussistenza di modalità tecnologiche efficienti ed avanzate che possano affiancare quelle tradizionali per praticare la solidarietà, soprattutto in quelle circostanze di emergenza e di maggiore bisogno.
Le recenti calamità naturali ed emergenze umanitarie tra cui, a mero titolo esemplificativo, i postumi del terremoto dell’Aquila, le migrazioni derivanti dalla guerra in Siria, nonchè le patologie invalidanti per le quali soltanto il sovvenzionamento continuo della ricerca medico-farmacologica può trovare soluzioni e risposte, hanno consentito di sperimentare la possibilità di far pervenire i mezzi di sussistenza ai diretti interessati attraverso l’utilizzo di modalità tecnologiche ovvero a mezzo blockchain. Di come sono strutturati gli aiuti di solidarietà attraverso l’utilizzo della blockchain parlerà l’ospite d’eccezione, l’Ing. Guido Baroncini Turricchia, ingegnere ambientale che dal 2014 ha lasciato il proprio lavoro per dedicarsi al bitcoin e fondatore nonché Ceo di Helperbit, piattaforma che mappa gli aiuti umanitari sulla blockchain in caso di disastri naturali. Di recente la piattaforma è stato premiata a livello europeo e selezionata tra i 100 espositori che prenderanno parte all’evento “InnovationMarketplace” del World Humanitarian Summit, organizzato dalle Nazioni Unite. Quello di Bari sarà l’unico evento hostato al Sud.
Tra i relatori ci sarà anche la Dott.ssa Anita Pallara, Consigliera nazionale Associazione FamiglieSma– Genitori per la ricerca sull’Atrofia Muscolare Spinale”, realtà di grande rilievo e spessore nazionale che di recente ha manifestato la volontà di poter ricevere donazioni tramite criptovalute. Aprirà il dibattito l’Avv. Giuseppe Grisorio, Presidente Bitcoin Foundation Puglia, rappresentando le possibilità di intervento solidaristico in caso di emergenze umanitarie a mezzo blockchain. Modererà l’Avv. Romina Centrone, Vicepresidente Bitcoin Foundation Puglia e Presidente Associazione Giovani Avvocati “Giuseppe Napoli”.
I saluti istituzionali prevedono l’intervento di personalità di spicco del territorio pugliese che hanno fortemente sostenuto le iniziative formative promosse dalla Bitcoin Foundation Puglia. In particolare: il Prof. Avv. Antonio Felice Uricchio, Magnifico Rettore Università degli Studi di Bari, coordinatore del primo short master in Italia in “Criptovalute e bitcoin: strumenti teorico pratici per operare con le nuove valute digitali decentralizzate” organizzato da Università degli Studi di Bari in collaborazione con Bitcoin Foundation Puglia che si avvierà nei primo trimestre del 2018 per la sua prima edizione; l’Avv. Giovanni Stefanì, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari che ha sostenuto l’avvio dello short master universitario mediante l’istituzione di una borsa di studio; ed, infine, il Dott. Elbano de Nuccio, Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bari e il Dott. Mario Aprile, Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Bari e BAT, con i quali si apriranno prossime importanti collaborazioni in tema di criptovaluta con la realtà Bitcoin Foundation Puglia. L’evento è in fase di accreditamento presso i citati ordini professionali al fine del riconoscimento dei crediti necessari ai professionisti per la formazione obbligatoria e continua.
Questo articolo sulla Blockchain recentemente uscito su Motherboard ha sollevato una serie di conversazioni molto interessanti. A parte il titolo, che non mi sembra molto adatto al contenuto, ho necessariamente accorciato alcune risposte che erano più estese, forse rendendole meno chiare.
Tutte le osservazioni derivano dall’esperienza e dallo studio, in una organizzazione come la mia (HER, Human Ecosystems Relazioni) che si occupa di dati e di connessioni complesse tra scienze, tecnologie ed arte/design. Quindi, per mestiere, ho a che fare ogni giorno con i discorsi delle criptovalute e delle blockchain, discutendo con una grande varietà di soggetti, da quelli ipertecnici, agli imprenditori e investitori, ai policymaker, fino a “insospettabili”, come persone “ordinarie” che, magari, devono capire cosa fa un’opera d’arte che usa la blockchain, o chi si occupa di cultura, o di musei, o di quartieri della città e, volente, nolente o inconsapevolmente, deve avere a che fare con queste tecnologie e pratiche. Quindi: una gran varietà.
Ho il massimo rispetto per la blockchain: ad oggi è forse la tecnologia che, con tutti i suoi limiti e problemi, è in grado di portare innovazione radicale tra quelle che abbiamo a disposizione, adesso.
La mia critica non è, infatti, tecnica, ma psicologica.
Si muove sul piano della percezione e della comprensione della realtà.
In questo dominio, quello della psicologia, dei processi psichici che si attivano nelle persone e nelle loro relazioni quando interpretano il mondo per capire come orientarcisi e come agire in esso, tecnologie come la Blockchain sono un disastro completo.
Perché:
1) sono un agente potentissimo verso la “transazionalizzazione della vita”, ovvero del fatto che, progressivamente, tutti gli elementi della nostra vita si stanno trasformando in transazioni; il che coincide col dire che vengono “finanziarizzati”; tutto, incluse le nostre relazioni, le nostre emozioni, viene progressivamente transazionalizzato/finanziarizzato, e la BC è l’apice di questa tendenza. Questo è già e sarà ancor di più in futuro un problema enorme per l’informalità, la possibilità di trasgressione, la normazione e normalizzazione del conflitto e, quindi, in prospettiva, per le nostre libertà e i nostri diritti fondamentali, e (visto che parliamo di psicologia) per la nostra possibilità di percepirli
e
2) spostano l’attenzione sull’algoritmo, sul sistema, sul framework, invece di mantenere la necessità di dover stabilire delle relazioni di co-responsabilità tra esseri umani; quando il sistema include la “fiducia” in maniera procedurale, tecnica, la necessità di fiducia (e, quindi, della responsabilità di attribuire fiducia), svanisce progressivamente. Quindi, di concerto, svanisce contemporaneamente anche la società, costruita in maniera attiva dalle persone che decidono se e quando fidarsi l’un l’altro, e del concordare collettivamente le modalità di questa attribuzione. Rimane solo il consumo di prodotti e servizi. Sicuri, trasparenti e tutte le cose belle che vuoi. Ma la società finisce. E così la cittadinanza: si diventa cittadini del nulla, della rete, di noi stessi.
Questi non sono problemi “tecnici”, ma “psicologici” e “percettivi”. E quindi, per quanto riguarda ciò di cui mi occupo, ancor più gravi.
La tecnologia non è neutrale.
Sì, io posso usare un martello per piantare un chiodo o per dartelo in testa. Ma è anche vero che appena ho un martello in mano, tutto inizia a sembrarmi un possibile chiodo.
Lo stesso vale per la Blockchain. Appena inizio ad usarla, tutto mi sembra una transazione, un qualcosa di “tokenizzabile”. E questo è un disastro.
Ecco qui di seguito le domande/risposte originali, anche ampliate a seguito delle conversazioni di questi giorni.
1) In che modo la ledger pubblica offerta dalla blockchain può rivelarsi una minaccia per i dati degli utenti?
In realtà il problema così è inquadrato male. Il “pericolo” dipende ovviamente sempre e solo dalla malizia degli intenti di chi sviluppa le applicazioni e di chi le usa, dal fatto che spesso, purtroppo, le applicazioni sono pensate male e realizzate con poca attenzione e qualità, e dalle leggi che, come oggi, non sono ancora pronte ad affrontare gli impatti psicologici, sociali, politici ed economici portati dalle nuove tecnologie. La blockchain, e molte delle tecnologie derivate, tecnicamente, sono ottime dal punto di vista tecnico: una vera e propria rivoluzione del modo di pensare alla rete. Il problema è un altro, di tipo psicologico, filosofico e, in prospettiva, politico. Soggetti tra loro diversissimi stanno pensando agli utilizzi più disparati di questa tecnologia, con presupposti ed effetti molto differenti tra loro (dall’anarchia fino a Wall Street o ai governi). Inoltre sempre più spesso il ledger è applicato a dei sistemi di identità digitale che non sono anonimi, come per i bitcoin, ma immediatamente riconducibili alla persona. Ne derivano dei sistemi di cittadinanza o di accesso ai servizi che sono, da un lato, completamente aperti, nel senso del “tutti sanno tutto” e, dall’altro lato, completamente “trustless”, letteralmente “senza fiducia”, ovvero in cui la “fiducia” è riposta nella rete peer-to-peer, nell’automatismo dell’algoritmo. Ora, questi due elementi, combinati, hanno un impatto devastante. Innanzitutto psicologico, a livello della nostra cognizione riguardo diritti, privacy, tutele, che iniziano a cambiare radicalmente. La mia ipotesi, in questo, è che questo cambiamento, configurato in questo modo, non sia a vantaggio delle persone, ma dei grandi operatori e dei grandi poteri. L’opposto che ci si aspetterebbe, insomma. Dall’altro lato è un problema politico. Immaginiamo un servizio al cittadino. “Ieri” andavo, per esempio, al mio municipio a richiederlo, e la mia fiducia era riposta nella istituzione presso cui mi recavo. Se qualcosa andava storto, o se sentivo di aver subito un sopruso, o se un mio diritto doveva essere difeso in un tribunale, c’era una certezza: riguardo l’attribuzione della responsabilità, riguardo il territorio su cui valeva il mio diritto a difendermi, riguardo i soggetti coinvolti. Quando il servizio si sposta sulla blockchain, nonostante la trasparenza dello smart contract che espone i soggetti coinvolti e le condizioni del servizio, si apre una voragine per quel che riguarda i soggetti responsabili, certificatori, su cui ripongo fiducia. In un certo senso l’istituzione “scompare”, rimpiazzata da un algoritmo, che sta chissà dove, diffuso, nella rete peer-to-peer. È un po’ come i call center: non servono veramente al cliente, servono a far sì che gli operatori abbiano meno rotture di scatole possibile, infilando i clienti in una “procedura” (che è un sinonomo di algoritmo) e evitando che questi possano ottenere risposte reali, al di fuori di queste. Sono tutti processi che separano le persone dalle istituzioni, le organizzazioni, le aziende, attraverso un algoritmo. Se questo è già grave per i servizi commerciali, diventa gravissimo per le istituzioni pubbliche e per i servizi di cittadinanza: tendenzialmente si diventa letteralmente “cittadini del nulla”, della Rete, ovvero di nessun luogo.
2) Lo Iota token terrà traccia di ogni attività — che diventa transazione — eseguita con gli oggetti della IoT (incluse anche le comunicazioni machine-to-machine): quali possono essere le conseguenze dirette per gli utenti?
e
3) Quali sono i rischi di una vita ridotta a sole transazioni?
Tecnicamente lo Iota token è una cosa comodissima per erogare, fruire e monitorare servizi, da parte di tutti i coinvolti: clienti, aziende, istituzioni, tasse, eccetera. Dal punto di vista filosofico e psicologico, corrisponde all’ennesimo, potentissimo, tassello di un processo che sta già avvenendo su larga scala: la transazionalizzazione della vita. Tutto sta diventando una transazione: le nostre relazioni, i nostri modi di acquisire e trasferire conoscenza, la comunicazione, i sentimenti (si pensi ai social network), tutto. Appena passano da un servizio, per di più digitale, si transazionalizzano. Appena stabiliremo relazioni transazionalizzate anche tutti gli oggetti che abbiamo intorno, questo fenomeno diventerà veramente pervasivo. E riempirà progressivamente il nostro campo percettivo: inizierà ad essere veramente difficile pensare a qualcosa, a qualche nostra forma di espressione, che non corrisponda ad una transazione economica. Ci saranno enormi problemi per l’informalità, la trasgressione e, di conseguenza, per le libertà di espressione e per quelli che oggi consideriamo i nostri diritti fondamentali, di base. Tante di queste cose, semplicemente, scompariranno, perché perderemo la capacità di concepirli, visto che inizieremo a pensare che sia “normale” che ogni nostra manifestazione vitale corrisponda ad una transazione economica. Che sia un acquisto, un affetto, o un gene del nostro corpo non farà differenza. È la transazionalizzazione della vita, la finanziarizzazione completa della vita. Oltretutto, visto che si parla di finanziarizzazione, si creeranno inevitabilmente anche le vite di serie A e di serie B: chi potrà effettivamente permettersi l’onere finanziario di avere diritti, libertà, trasgressioni e informalità, e chi non se lo potrà permettere. E cose di questo genere.
4) Con l’introduzione ad esempio del browser Brave è stato proposto un token per l’attenzione degli utenti, in modo da remunerare i siti. La transazionalizzazione invade quindi anche la nostra attività dell’intelletto?
Questo è un esempio perfetto. E progressivamente varrà per tutto. Mi viene in mente Evgeny Morozov quando, parlando proprio di questi argomenti, di come i “dati” sono tutti “dati finanziari”, diceva “Well, if all data is credit data, then all life — captured by digital sensors in the world around us — beats to the rhythms of debt.” [https://cryptome.org/2014/08/morozov-how-much-your-data.htm]
5) La blockchain potrebbe permettere un controllo più diretto sulle spese dei cittadini: vista la mancanza di fungibilità di alcune cryptovalute, dobbiamo aspettarci in futuro una discriminazione di alcuni token rispetto ad altri sulla base della loro provenienza? Quali effetti avrebbe?
È molto presto per dirlo. Pensiamoci in uno scenario come quello in cui nell’Italia del 14esimo e 15esimo secolo in cui circolava ogni mezzo finanziario immaginabile. Lettere di credito, foglietti con timbri di ceralacca con scritte le cose, emissari che dichiaravano debiti e crediti: di tutto! Era l’origine delle banche come le conosciamo adesso. Tutto si basava sulla fiducia, sul fatto che ci sarebbe stato sempre qualcuno, ad esempio, per convertire un credito in oro, o in un altro credito con eguale affidabilità, o cose del genere. Alcune pratiche sono scomparse. Alcuni soggetti sono scomparsi. Alcuni soggetti e pratiche sono vivi e vegeti ancora oggi, e non è detto che questa longevità sia collegata al fatto che questi soggetti e pratiche fossero effettivamente degni di fiducia. Anzi, sembrerebbe vero il contrario, in certi casi. Ora, con questi mezzi finanziari, ci troviamo in una situazione simile, di estremo caos. La differenza è che questo caos è molto più veloce, rapido, fulmineo. Soprattutto i governi e le istituzioni dovrebbero stare molto attenti nel abboccare all’hype, all’entusiasmo, e pensare ai cittadini piuttosto che ai titoli di giornale, “il Governo X è il primo ad usare la Blockchain”. Ci sono investimenti in questo senso che sono del tutto ingiustificati. Si pensa al colore delle tendine mentre la casa sta prendendo fuoco.
6) Ho la sensazione di rivivere l’evoluzione del world wide web: da idea di spazio libero e rivoluzionario prevista alla nascita, si arriva ad una rete internet odierna chiusa in silos verticali che rappresentano le grandi aziende tech, completamente sottoposta al tracciamento dei suoi utenti. Credete che la blockchain rischi di subire un’evoluzione simile?
La Blockchain ha GIÀ preso questa strada. Quando colossi come Citibank si interessano di blockchain ne puoi essere certo.
Si svolgerà il prossimo 5 Giugno, dalle ore 11.30 in poi, nella sala Consiliare dell’Ordine degli Avvocati di Bari, 6° Piano, Tribunale Civile di Bari, Piazza Enrico De Nicola n.1, una lectio magistralis che toccherà gli aspetti pratici e fiscali del bitcoin, il suo concreto ed attuale utilizzo quale strumento di pagamento ideale per l’e-commerce e tratterà anche i complessi ed innovativi aspetti sottesi agli smart contracts.
Dopo i saluti dell’Avv. Giuseppe Basciani(Il commentario del Merito – associazione forense attiva nella diffusione ed analisi delle novità in campo giuridico) seguirà una breve introduzione da parte del Presidente della Bitcoin Foundation Puglia, Avv. Giuseppe Grisorio.
La lectio magistralis sarà tenuta dal Dott. Stefano Capaccioli, Dottore Commercialista e Revisore Legale in Arezzo, Presidente di Assob.it(Associazione di categoria che si occupa di promozione e difesa delle imprese impegnate nelle criptovalute), Cultore della materia in Informatica Giuridica presso l’Università Statale di Milano, autoredell’unica monografia giuridica sui bitcoin( Criptovalute e bitcoin: un’analisi giuridica, Giuffrè, 2015), collaboratore di BitcoinMagazine e CoinTelegraph, fondatore di Coinlex ed ideatore della prima società italiana con conferimento di bitcoin.
Le conclusioni ed il successivo dibattito saranno moderati dall’Avv. Romina Centrone, (Vice Pres. Bitcoin Foundation Puglia e Presidente A.G.AVV).
Con il Patrocinio dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dell’Ordine Avvocati Bari , dell’Associazione Giovani Avvocati “Giuseppe Napoli” ed il supporto organizzativo del Commentario del Merito questo evento rappresenta un unicum nel panorama pugliese e meridionale, essendo la prima volta che un esperto di chiara fama partecipa un evento in Sud Italia.
L’evento è pubblico e gratuito, ad accesso libero, e sono riconosciuti n.2 crediti formativi dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari.
CRIPTOVALUTE PER PROFESSIONISTI: A BARI UN CICLO DI CONVEGNI ESPLORATIVI DEGLI ASPETTI CIVILI,PENALI E FISCALI DEDICATO PRINCIPALMENTE AD AVVOCATI E COMMERCIALISTI NELLE DATE 31 MARZO, 07 APRILE, 05 GIUGNO 2017
Bitcoin Foundation Puglia in collaborazione con Il Commentario del Merito presentano “criptovalute per professionisti”, ciclo di convegni conoscitivi ed esplorativi in materia di criptovalute. Il trittico di convegni dal taglio innovativo tanto dal punto di vista legale quanto pratico-fiscale, ha ottenuto il Patrocinio dell’Università degli Studi di Bari A. Moro e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari. I vari aspetti civili, penali e fiscali dell’innovativa materia saranno trattati in tre giornate distinte grazie all’intervento di professionisti esperti del settore, Docenti universitari nonché dalla lectio magistralis del Magnifico Rettore Antonio Felice Uricchio, tributarista.
Il ciclo “criptovalute per professionisti” ha quale finalità quella di informare ed aggiornare i professionisti, con particolare riguardo per la categoria degli avvocati, circa l’inquadramento civilistico, penalistico e fiscale dell’utilizzo della criptovaluta anche in considerazione dell’incremento a livello internazionale di nuove imprese con capitale sociale in criptovaluta ovvero di realtà imprenditoriali nuove o anche già avviate e consolidate che decidono di aprirsi alla nuova valuta digitale decentralizzata, accettando il pagamento dei propri servizi in bitcoin.
Proprio per questo il ciclo di convegni sarà calendarizzato nelle seguenti modalità e tratterà i seguenti argomenti:
Saluti: Avv. Antonio Giorgino (Commissario Straordinario Ord. Avv. Bari), intervengono: Avv. Giuseppe Grisorio – Presidente Bitcoin Foundation Puglia (il bitcoin: cosa è. Le attività di cambiavalute tradizionali e virtuali), Prof. Giuseppe Pirlo – Referente UNIBA per Agenda Digitale e Smart City (Proof-of-Work e Blockchain), Prof. Francesco Moliterni – Prof. Ass. in Diritto dell’economia Uniba (Bitcoin come moneta di pagamento. il sistema di circolazione: confronto con la rimessa di denaro), Avv. Romina Centrone – Vicepresidente Bitcoin Foundation Puglia (La criptovaluta per l’ordinamento italiano) – Avv. Augusto Sebastio – Prof. in International Negotiation Euromediterranean University (Portorose- Slovenia) (Pagamenti elettronici e normativa antiriciclaggio. Inquadramento nazionale ed europeo).
07 Aprile 2017 ore 11.30, Tribunale Civile Bari, VI Piano, Sala Consiglio Ord. Avv. INQUADRAMENTO PENALISTICO,
Saluti: Avv. Antonio Giorgino (Commissario Straordinario Ord. Avv. Bari), intervengono: Prof. Avv. Giuseppe Losappio – Prof. Ass. Diritto Penale, coordinatore dello Short Master in Money Laundering &Tax Law (Uniba) (Il problema del locus commissi delicti e del giudice competente: possibili soluzioni),Avv. Giuseppe Grisorio – Presidente Bitcoin Foundation Puglia (Riciclaggio di denaro, furto di bitcoin, criptolocker),Dott. Paolo Dal Checco (Skype) – Consulente Informatico Forense (Cenni di forensica digitale), Avv. Romina Centrone – Vicepresidente Bitcoin Foundation Puglia (Case study: sistemi di baratto amministrativo tramitecolored coins)
05 Giugno 2017 ore 11.30, Tribunale Civile Bari, VI Piano, Sala Consiglio Ord. Avv. LECTIO MAGISTRALIS INQUADRAMENTO FISCALE alla luce della più recente normativa e giurisprudenza
a cura del Prof. Avv. Antonio Felice Uricchio, Magnifico Rettore Università degli Studi di Bari e del Dott. Stefano Capaccioli Dottore Commercialista – Revisore Contabile in Arezzo, autore della monografia: “Criptovalute e bitcoin, un’analisi giuridica”, Giuffrè Editore.
Strumenti teorico-pratici per operare con le nuove valute digitali decentralizzate.
IMPORTANTE: Le informazioni relative allo short master sono state recentemente aggiornate. Si pregano gli interessati di fare riferimento a questo link.
Per iscriversi allo short master seguire questo link.
Nello specifico l’Agenzia delle Entrate ha annoverato bitcoin tra le valute estere. Ciò che sta facendo particolarmente discutere sono le successive affermazioni dell’Agenzia delle Entrate in relazione all’imponibilità (la possibilità di tassare) dei capital gain (i fondi detenuti) da parte dei privati e delle aziende.
In realtà, l’argomento è ostico da anni e la chiarezza è sempre stata a dir poco manchevole a riguardo. Con questa Risoluzione, però, sembrerebbe che l’AdE abbia voluto compiere un passo in avanti. Pur restando nel dubbio del se, in effetti, la Risoluzione si riferisse ai soli privati oppure a qualunque attività che non abbia fini speculativi, ho cercato di giungere ad una conclusione nel mio piccolo.
Annoverando bitcoin tra le valute estere, sembrerebbe razionale che venga seguita la medesima disciplina.
In ogni caso, per maggior chiarezza, la mia personalissima interpretazione è:
sia che si riferisca ai privati, sia che si riferisca alle aziende, detenere un importo pari o inferiore di 51645,69 euro per SOLI 7 giorni continuativi lavorativi fa venire meno i presupposti della “non speculatività” dell’attività sulla valuta.
In teoria, sarebbero tassabili le plusvalenze soltanto superato quest’importo e questi termini (temporali). Ma mi pare a dir poco evidente che sia raramente credibile non speculare su importi di quest’entità in un così poco tempo.
Qualora si tratti di un privato che decida di acquistare qualche bitcoin e di spenderlo e di riacquistarlo:
– i tempi sarebbero decisamente molto dilatati
– gli importi sarebbero di molto inferiori
– la vendita e l’acquisto sarebbero inevitabilmente occasionali, altrimenti sussisterebbe la nozione di speculatività
ed allora, soltanto in tal caso, sarebbe accettabile un’interpretazione sulla non imponibilità delle plusvalenze realizzate dal privato.
Qualora si tratti di un’azienda che decida di accettare bitcoin, il TUIR specifica più volte all’art.67 che tutto ciò che concorre alla realizzazione di un reddito è imponibile, sia pur essa una valuta estera. Questo per ciò che attiene alle persone fisiche. Relativamente alle aziende, invece, andrebbe considerato l’art.110 TUIR che contempla nella formazione del reddito d’impresa anche le valute estere. Le plusvalenze realizzate dalle aziende nell’accettazione di bitcoin sono soggette a dichiarazione ed imponibilità. La plusvalenza nel caso di specie andrà semplicemente calcolata sulla differenza data tra il valore al momento del realizzo e il valore a fine esercizio annuale (rapportato ovviamente all’effettivo importo detenuto).
DISCLAIMER Ci terrei a precisare che le diatribe sono tuttora in atto e abbastanza infervorate, considerando che la chiarezza è poca e la certezza minima, pregherei chiunque di non far pieno affidamento sull’interpretazione di cui sopra. Difatti, la pubblicazione di quest’articolo vuol’essere solo un contributo per addivenire ad una risposta unica e portare i nostri lettori al corrente delle attuali problematiche.
Siamo davvero pronti alla rivoluzione oppure è soltanto la scettica illusione di avere qualcosa di inaccessibile? Quando il nostro mondo di libertà diventa un covo di scammer è ancora possibile parlare di libertà?
Sì, magari, vediamo troppo spesso questa parola: “scam”. Truffa. Semplice , in ogni modo, una truffa. Ma è pur vero che la libertà diventa troppo spesso un’arma di speculazione.
Quanti di voi avranno acquistato da qualcuno, da noob (novellino), magari su ebay qualche mbtc (millbitcoin) e vi sarete magari ritrovati a pagare una cifra decisamente maggiorata rispetto all’attuale valore di bitcoin; quanti di voi avranno provato ad acquistare da qualche privato senza troppo badare ai feedback (positivi, negativi o nulli) e si sono ritrovati a pagare e non ricevere quanto promesso; quanti di voi avranno venduto e sono stati oggetto di un man in the middle *
* man in the middle: tipico sniffing attuato a danno del venditore. Un soggetto terzo e (probabilmente) sconosciuto ad entrambe le parti, si interpone tra esse, intercettando i messaggi dei due. Una volta intercettati, farà in modo da sostituire la chiave pubblica dell’altro con la propria, alterando in questo modo i dati e truffando entrambe le parti. Il problema sarà che il compratore si sentirà legittimato a sporgere denuncia nei confronti del seller e le indagini di un inoltro del genere restano per ora decisamente cavillose e difficoltose.
Chi tra voi si riconosce in una di queste categorie, facilmente sentirà violata la propria libertà e minata la propria sicurezza e tralasciamo la scissione fondamentale tra gli scam subiti o probabili e bitcoin (che resta una semplice moneta ben lontana dall’insicurezza data da certe carte prepagate, da certi arrivisti a caccia del soldo facile). Ma ciò di cui vogliamo occuparci in questo articolo non è altro che quello a cui stiamo assistendo ormai da svariati giorni: i continui scam dove abbiamo uno sprovveduto compratore di bitcoin e un benefattore di bitcoin. Il benefattore si propone per la vendita di bitcoin ad un prezzo quasi stracciato. “Un vero affare!Solo un folle venderebbe a questo prezzo!” Il compratore, vittima soprattutto dell’indifferenza e della superficialità, dovrà semplicemente ricaricare una banalissima postepay. Una volta effettuata la ricarica dovrebbe ricevere bitcoin. In realtà, una volta ricevuta la ricarica postepay seguita da documento e foto della ricevuta di pagamento, il venditore farà perdere le sue tracce, lasciando il piccolo affarista a bocca asciutta. Direbbe la vittima “ma posso sporgere denuncia!”. Sì, potreste. Ma siete davvero sicuri che i dati di quella persona siano reali, che quella postepay ricaricata non sia stata clonata? Vi pare che qualcuno sparirebbe nel nulla, dandovi i suoi dati personali?
Quindi, tenendo a mente che “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, abbiate cura di verificare che il vostro venditore abbia quantomeno dei feedback positivi, abbiate cura di verificare il valore attuale di bitcoin prima di considerare un “vero affare!” quell’ offerta e cercate di ottenere quanta più trasparenza possibile dal vostro venditore. Soprattutto, cercate di contrattare.
Ma prima di chiudere qui l’articolo, vogliamo dare una dritta anche ai possessori di postepay… anzi agli ex possessori di postepay. Sporgete denuncia! ai Carabinieri o alla Polizia Postale, fate una stampa dell’estratto conto e bloccate la carta, inoltrando la richiesta di rimborso a Poste Italiane mediante raccomandata A/R all’indirizzo “Poste italiane SPA – Condirettore generale revisione interna banco posta reclami, viale Europa, 175 – 00144 Roma”. Nella lettera di diffida spiegate l’accaduto formulando anche una richiesta di rimborso ed allegando come documentazione la denuncia, una copia della lista dei movimenti evidenziando quello disconosciuto, una copia del documento della Postepay con codice di blocco.
Ai sensi del D.lgs. 11/2011 (decreto che recepisce in Italia la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno), è la società emittente ossia la Posta a dover dimostrare la frode o che l’ammanco è dovuto ad una colpa del cliente. Se la risposta insistente fosse l’inserimento del Pin, sappiate che non basta come prova sufficiente della regolarità della transazione. Infatti ai sensi dell’art. 25 comma 6, se il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile della mancata o inesatta esecuzione di un’operazione, è tenuto, comunque, a rimborsare al pagatore l’importo dell’operazione non eseguita o eseguita in modo inesatto.
Tale aspetto sarà da tenere in conto per la formulazione della richiesta di risarcimento.
Se le Poste continueranno a negare il pagamento, si potrà in ogni caso agire presso l’Arbitro bancario e finanziario o al Giudice di Pace competente per territorio o al Tribunale ma solo se l’ammanco è superiore ai 5.000 euro.
Molte persone ormai provano un certo gusto a parlare di blockchain. Li vediamo sparsi ovunque ‘ urlare ‘ “blockchain, blockchain”, “ blockchain si è sviluppata in parallelo con bitcoin “. Eh? Confusione o interesse…. Mettiamo da parte le considerazioni personali e cerchiamo di fare chiarezza per i veri lungimiranti.
La blockchain è la struttura su cui si basa il protocollo Bitcoin.
Parliamo di un libro mastro, un registro, un elenco di transazioni, distribuito su tutti i nodi, capace di evitare la “doppia spesa” senza l’intervento di terzi.
Doppia spesa, do you know? Impossibilità di spendere due volte gli stessi soldi ossia gli stessi bitcoin. Torniamo a noi e cerchiamo di capire cos’ è una blockchain.
Le possibili applicazioni della blockchain non finiscono con il mondo dei sistemi di pagamento.
La blockchain può essere utilizzata per innumerevoli applicazioni e cercheremo di spiegarvelo attraverso una delle più affascinanti rivoluzioni future tecnologiche: gli “Smart Contracts” decentralizzati.
Cosa sono? Semplicemente quei protocolli informatici che automatizzano la negoziazione e l’esecuzione di un contratto. Non dei contratti, dunque, ma dei protocolli che verificano e rendono eseguibile un contratto (un accordo volontario tra due o più parti, per rendervela più facile) dove le parti affidano la fase pre contrattuale e post contrattuale ad un algoritmo. Quindi, una parte del contratto viene immessa nella blockchain e diventa irrevocabile, sottraendosi al controllo delle parti e di terze parti, pur restando in assolutamente trasparente. Quindi, con la blockchain possiamo registrare un contratto, non stipularlo. Possiamo registrare uno smart contract dove per farlo smart, si avrà un protocollo che potrá verificare e far corrispondere termini o condizioni presenti all’interno del contratto o derivanti dall’esterno, grazie all’Internet of things.
Blockchain non è quindi un database deburocratizzante. Non ci mettiamo le scartoffie e finisce lì. Per quello basta un database appunto. Soprattutto non è parallelo a bitcoin o qualcosa che possa esistere senza bitcoin.
Blockchain è come una torta al cioccolato, bitcoin è il cioccolato. Puoi aggiungerci il latte lattosio, quello di riso, quello di soia. Metterci tutto quello che vuoi. Ma senza cioccolato, non sarà una torta al cioccolato. Semplice. Sarebbe esistito Robin Hood senza frecce? No. Blockchain non è scindibile da bitcoin. Perché? Chain of blocks. Catene di blocchi che supportano bitcoin con le sue peculiari caratteristiche. Avete mai visto un voi diverso da voi stessi? No. Bene. Bitcoin non può essere “modificato” esattamente come voi. Potreste esistere in un mondo diverso dalla terra (per i più spiritosi vi ricordiamo che per viaggiare nell’universo dovete essere più coperti di un sub col burqa)? No. Bene. La blockchain o meglio la chain of blocks implementata da Satoshi non è stata creata se non per bitcoin e soprattutto non è stata creata per sottostare ad una qualsiasi infingarda specie di centralizzazione.
Bitcoin è l’origine. Concludemmo così lo scorso articolo. Bitcoin è l’origine di ogni criptovaluta. Forse è un po’ azzardata come battuta, prima ce ne sono state altre – cdd protocryptocurrencies – …fallite. Ma essere primi come Bitcoin significa anche essere l’esempio. Da qui litecoin, lisk, ethereum, ethereum classic … così per citarne alcune tra le più gettonate dai trader. Tutte criptovalute che hanno un loro valore nel mercato…. certo non come bitcoin, ma hanno un potenziale da sfruttare. Essere l’esempio, però, troppo spesso significa anche vedere la propria immagine lesa tra le scamcoin.
Spieghiamoci meglio. Quando volete ottenere credibilità per ottenere un lavoro pur sapendo di non avere esperienza, di avere tutto da imparare, inserite nel vostro curriculum anche lavoretti dove la conoscenza di turno vi darà referenze. Ora ammettiamo che voi non abbiate nemmeno quella referenza, ma vi piaccia azzardare. Ecco le scamcoin. Una criptovaluta, se cosí vogliamo chiamarle… perchè alcune di esse nemmeno lo sono (e vi basterá controllare nei siti come poloniex (coincap.io) et similia per aver certezza della loro esistenza) faranno dell’immagine Bitcoin il loro punto di forza per ottenere credibilità.
Quando leggete BITCOIN là dove si parla di una nuova e convenientissima criptovaluta che vi permetterà di guadagnare soldoni perché BITCOIN è affidabile (stando molto spesso attenti a parlare in modo limpido di sé), state per cadere in una trappola da scamcoin. I casi non sono pochi, non faremo i nomi, ma vi basterà contattarci per i vostri dubbi su una qualsiasi coin…e vi preghiamo di farlo prima di spenderci anche un solo euro. Purtroppo ben capirete che il sopravvivere di queste monetuccie che continuano ad aggrapparsi a bitcoin pur di attirare a sé utenti con la disperazione del guadagno, non solo crea un danno a chi ci “investe” perché si ritroveranno quasi al 100% a non poter riscuotere i propri presunti guadagni e quindi nemmeno a poterli spendere nonché “complici” di un illecito sanzionato dalla l. 173/2005 che vieta i sistemi piramidali in cui l’incentivo primario è rappresentato dal mero reclutamento di nuovo soggetti con possibilità di trasferimento del diritto all’infinito senza limitazioni (vieta anche l’obbligo per gli utenti di aderire dovendo per forza acquistare un loro servizio per ottenere quello per cui invece siete attirati … e fidatevi quella speranza che vi hanno generato è destinata ad una breve vita), ma soprattutto crea danno a BITCOIN. Bitcoin ha creato la sua immagine grazie alla principale caratteristica di antifragilitá, ad un protocollo che seppur non perfetto garantisce sicurezza, immediatezza, irreversibilità alla valuta. Bitcoin – intesa come valuta, aspetto che stiamo considerando in quest’articolo – ha generato fiducia nei commercianti, negli sviluppatori: piattaforme di vendita e acquisto, di servizi, startup di sviluppo di nuovi prodotti, negozi…oltre 400…che accettano bitcoin come mezzo di pagamento.
Nel momento in cui l’immagine di bitcoin viene sfruttata per dare affidabilità ad una criptovaluta inesistente, truffaldina e arrivista, è chiaro che quando crollerà (perché le scamcoin sono destinate a crollare, ve lo ripeto), ne uscirà leso anche il bitcoin che passerà per le menti comuni come un “ecco vedi? Ti avevo detto di non fidarti.” Non vi siete fidati di bitcoin, ma di chi ha usato bitcoin per i propri interessi. Bitcoin nella sua piena trasparenza, vi garantisce concretezza, non estorce e non vi obbliga a “restare” se volete riscuotere i vostri guadagni.